Natalino Andolfatto
Da secoli, da sempre, a Pove si lavoravano le pietre e il marmo ed io e cinquantadue altri colleghi seguivamo i corsi della scuole per scalpellini, ove Danilo Andreose insegnava disegno.
Igino e Franco Cavallini avevano capito che questo era il destino nostro di Povesi, che si doveva continuare il lavoro sulla pietra e sul marmo secondo l’antica tradizione e avevano anche capito che ci voleva qualcuno che fosse uomo di cultura e che veramente amasse modellare e che portasse una ventata d’aria nuova e così fecero venire Danilo.
Fu allora, nel primo dopoguerra, che lo conobbi: lui era già noto e lavorava per molte botteghe del paese, ma in particolare per i Cavallini. Ho ancora davanti agli occhi due angeli meravigliosi per la chiesa di Brusadure, una statua di Sant’Antonio, il Miracolo della Mula, una Pietà che si trova nel cimitero di San Martino di Lupari.
Con lui lavorai dal 1945 al 1951: gli devo molto. Fu lui che mi insegnò ad amare la scultura e le sculture, fu lui che per primo mi apprese a tenere lo scalpello in mano.
Io ammiravo la facilità con cui modellava e scolpiva il marmo, o lavorava la ceramica.
Ricordo che ne 1948 modellò una Pietà per la tomba di famiglia Marin e ci impiegò appena 27 ore. Quando gli ricordavo questo episodio di tanti anni prima, Danilo si divertiva molto.
Più tardi ho avuto altri motivi per stimarlo, non solo come scultore, ma anche come uomo generoso e disinteressato. Gli avevano proposto una mostra tutta dedicata a lui nel Museo di Bassano, ma lui non volle una personale, volle che ci fossimo anche noi, Fabris ed io. Chi conosce il mondo degli artisti sa che nel nostro ambiente i regali non abbondano.
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Natalino Andolfatto, scultore
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(dal catalogo della Mostra “Andreose scultore 1922 1987“, Gilberto Padovan Editore, 1993)
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